Riviera del Garda Classico DOC

Per Riviera del Garda Classico si intende la zona viticola della provincia di Brescia che occupa il territorio Gardesano delle colline comprese fra la riva di Salò e Desenzano ad oriente ed il corso del fiume Chiese ad occidente. Questo territorio è da sempre conosciuto come “Riviera del Garda” dove la parola “Riviera” ha un significato specifico che indica quel particolare territorio e tutto ciò che in esso viene prodotto, come limoni, olio, alloro e vino. Il vino Riviera del Garda Classico Bianco assume aromaticità delicate più o meno intense a seconda delle percentuali dei due vitigni. Armonico, equilibrato e fresco, leggermente ammandorlato. Il Riviera del Garda Classico Chiaretto è sicuramente il vino più originale e caratteristico della Denominazione, unico nelle sue piacevolissime caratteristiche, ottenuto dalle uve rosse del Riviera del Garda Classico rosso, ma vinificato in modo da ottenere un vino dal colore rosato “petalo di rosa” con una sorprendente aromaticità floreale e di frutti di bosco, accompagnata da una giusta acidità che determina una grande freschezza di sensazioni gustative e una buona struttura. Il Riviera del Garda Classico Groppello, ottenuto dalle uve del vitigno Groppello, considerato una rarità enologica in quanto coltivata solo in Valtenesi, sulle pendici delle colline del lago di Garda. Se ne riconoscono tre biotipi, il Gentile, il Mocasina ed il Santo Stefano. È il vino più tipico della zona, un rosso delicato e di pronta beva, speziato con note fruttate, vellutato e piacevole, che si accompagna a primi saporiti, a piatti di carne di tutti i tipi e a formaggi di media stagionatura. Se sottoposto ad un invecchiamento di almeno due anni si ottiene il Valtenesi Riserva, più ricco, intensamente speziato di spezie dolci, corposo, di ottimo spessore gustativo, sempre molto avvolgente ma dalla tannicità morbida, adatto al medio invecchiamento.

Valcalepio DOC

La zona geografica della DOC Valcalepio comprende un territorio nell’area collinare a nord-ovest della città di Bergamo, delimitato a nord dalle Orobie, ad est dal lago d’Iseo ed a ovest dal monte Canto. Le prime testimonianze dell’antichità della viticoltura nell’area bergamasca ci vengono dall’epoca latina, durante la quale alcuni storici riportano la notizia dell’impianto di viti nella zona di Scanzo da parte dei romani. Plinio il Vecchio racconta che in questo territorio la coltivazione della vite era molto sviluppata, soprattutto nei luoghi più appropriati, cioè in collina. Anche nei secoli bui la gente bergamasca non smise mai di amare il suo vino e risalgono al 1000-1100 d.C. alcune carte di permuta e di vendita di terre vitate. A partire dal 1700, con l’espansione dell’allevamento dei bachi da seta e della coltivazione dei gelsi, che in pianura sostituirono la vite, la produzione diminuì fino al punto che i Bergamaschi, all’inizio dell’800 furono costretti ad importare vino da altre regioni. In seguito all’arrivo della peronospora e dell’oidio e alla comparsa della filossera nel 1886, i vigneti subirono gravi perdite ma i bergamaschi in breve tempo reimpiantarono vastissime superfici tanto che già nel 1912 la superficie investita in viti superava quella di un tempo e continuò ad aumentare sino al 1940, all’inizio cioè della Seconda Guerra Mondiale. Si arriva quindi ai giorni nostri, e alla tendenza da parte dei vitivinicoltori alla produzione di vini di qualità, cui fa seguito la contrazione delle superfici vitate e la diminuzione delle rese medie per ettaro dei vigneti. I vitigni della DOC Valcalepio affiancano al tradizionale Moscato di Scanzo, utilizzato per la produzione di vini dolci passiti, vitigni a bacca nera internazionali (Merlot, Cabernet) e a bacca bianca quali Chardonnay, Pinot bianco e Pinot grigio, per dare origine alle tipologia bianco, rosso e rosso riserva.

Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese DOC

L’area di produzione del Pinot nero dell’Oltrepò Pavese DOC si colloca all’interno del bacino padano, delimitato dalle catene alpina ed appenninica e con una apertura principale verso est; in particolare la fascia collinare pavese si inserisce nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge verso l’Emilia-Romagna. L’Oltrepò Pavese è un lembo collinoso a sud della Lombardia noto per essere il punto d’incontro di quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna. Tale peculiare caratteristica rende l’Oltrepò Pavese ricco di culture, lingue, tradizioni e cucine differenti, ma ben integrate tra loro. L’Oltrepò Pavese vitivinicolo attuale trova le sue radici nel secolo scorso, come conseguenza dei danni portati dalla fillossera, e nel rinnovamento globale del mondo vinicolo italiano di quel periodo. Nel 1884 l’Oltrepò Pavese vantava ben 225 vitigni autoctoni, mentre oggi sono circa una dozzina quelli di maggior diffusione, tra cui il Pinot nero.La DOC Pinot nero dell’Oltrepò Pavese è riferita ad un unico vino, rosso fermo, anche nella tipologia riserva. Dal punto di organolettico alla vista si presenta rosso rubino più o meno intenso con sfumature amaranto e un’unghia aranciata; al naso intenso, netto con sentori di marasca, ribes nero, bacche di bosco, funghi secchi, prugna matura e frutta macerata in alcol, speziato; in bocca vellutato, fruttato, molto equilibrato, di struttura medio buona, morbido, caldo, dotato di persistenza aromatica e leggermente amarognolo.

Cinque Terre e Cinque Terre Sciacchetrà DOC

Il territorio della Denominazione “Cinque Terre e Cinque Terre Sciacchetrà DOC” ricade nella parte orientale della Liguria, in provincia di La Spezia e comprende un territorio caratterizzato da vigneti situati per la maggior parte in alta collina, di superficie media ridotta e posti su terrazzamenti a picco del mare che hanno valso alla viticoltura delle Cinque Terre l’appellativo di “eroica”. Cinque Terre è il nome di un tratto della Riviera Ligure di Ponente che riunisce i comuni di Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore. Qui vengono coltivati i vitigni Albarola, Bosco e Vermentino. Le prime notizie certe della presenza di attività viticole nella zona delle Cinque Terre risalgono ai secoli Vi-V a.C., quando i Greci, abili navigatori e commercianti, approdano sui lidi della Riviera Ligure e si sviluppò seguendo le vicende umane fino agli anni ’20 del ventesimo secolo, con l’avvento della fillossera. All’inizio degli anni ’30 le vigne erano decimate e gli abitanti iniziarono a ricostituire i vigneti con l’impianto delle barbatelle di vite americana poi innestate coi i vitigni locali tradizionali. Le peculiarità dei vitigni utilizzati per le varie tipologie, grazie all’influenza dell’ambiente geografico in cui sono coltivati danno luogo a vini caratterizzati da acidità modeste, colori tenui, profumi fini e delicati in prevalenza floreali, sapidità al gusto.

Castelli Romani DOC

La zona della denominazione Castelli Romani DOC ricade nella parte centrale del Lazio, per la maggior parte in provincia di Roma e per una quota minore in provincia di Latina, comprendendo la parte meridionale dell’Agro romano, i Colli Albani, la parte nord orientale dell’Agro Pontino e l’alta valle del fiume Sacco. I vitigni idonei alla produzione dei vini Castelli Romani DOC sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: la Malvasia di Candia, la Malvasia del Lazio ed il Trebbiano toscano, verde e giallo per i vini bianchi; il Cesanese, il Merlot, il Montepulciano ed il Sangiovese per quelli rossi. La DOC Castelli romani è riferita a 3 tipologie di vino bianco (“secco”, “amabile” e “frizzante”), a 3 tipologie di vino rosato (“secco”, “amabile” e “frizzante”) e a 4 tipologie di vino rosso (“secco”, “amabile”, “frizzante” e novello). Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

Friuli Grave DOC

La DOC Friuli Grave si trova a cavallo del fiume Tagliamento, tra le province di Pordenone e Udine, in Friuli Venezia Giulia. La peculiarità climatica della zona dipende principalmente da due fattori, la conformazione dei rilievi e la relativa vicinanza del Mare Adriatico. La viticoltura nella zona della DOC Friuli Grave vanta una storia antica e ricca con le sue origini che risalgono quanto meno all’epoca romana ed è passata attraverso due millenni di storia senza grossi mutamenti fino alla metà del XIX° secolo. L’avvento di avversità quali l’oidio, la peronospora, la fillossera e non ultimi i conflitti bellici, provocarono distruzioni tali da costringere l’intera viticoltura a cambiare volto. I vitigni utilizzati per la produzione dei vini DOC Friuli Grave sono: Chardonnay, Pinot bianco, Pinot grigio, Riesling renano, Sauvignon, Tocai Friulano, Traminer aromatico, Verduzzo friulano, Cabernet franc, Cabernet sauvignon, Carmenere, Merlot, Pinot nero, Refosco dal peduncolo rosso. La produzione massima non deve superare le 13 ton/ettaro con una resa massima non superiore al 70%. Le vinificazioni vengono differenziate a seconda delle tipologie di vino. Quella base, con tecniche atte a conferire profumi caratteristici, classici ed eleganti uniti a una media corposità in grado di garantire una ottimale piacevolezza. La superiore viene elaborata con l’obiettivo di produrre vini più corposi mentre la riserva si identifica con prodotti di struttura più elevata mentre quella riserva con profumi e corposità più complesse che vengono donate, il più delle volte, da mirati affinamenti in legno. I vini frizzanti hanno ottima finezza e intenso corredo aromatico; gli spumanti vengono ottenuti mediante rifermentazione in bottiglia o in autoclave col metodo Charmat. Nel primo caso l’affinamento sui lieviti dona finezza, eleganza, complessità aromatica e grande struttura; con il secondo si ottengono spumanti più freschi, delicati e dal notevole impatto olfattivo.

Friuli Colli Orientali DOC

La DOC Friuli Colli Orientali interessa diciannove comuni nella fascia centro orientale della Provincia di Udine, vicino al confine con la Repubblica Slovena. I terreni dei Colli Orientali sono costituiti da un’alternanza di strati di marne (argille calcaree) e arenarie (sabbie calcificate), chiamato in friulano ponca. La facile erodibilità dei terreni a prevalenza marnosa ha portato ad una morfologia del terreno piuttosto dolce con altezze al di sotto dei 200 m slm. I vignaioli sono stati costretti a terrazzare le colline per evitare il “consumo” dei colli e lo scalzamento delle viti e queste terrazze sono così diventate una caratteristica dei Colli orientali del Friuli. I Colli Orientali del Friuli sono da sempre terra di vini, dall’epoca Romana a quella del Ducato Longobardo. Arrivando ai giorni nostri, è nei Colli Orientali del Friuli che è nata l’idea dei “Superwhites” friulani, una definizione questa che ben si adatta ad una denominazione che annovera ben dodici tipologie di vini bianchi di cui dieci con indicazione di vitigno più il “bianco” ed il “dolce”. Ad esse si aggiungono undici tipologie di vini rossi con dieci ad indicazione del vitigno più il “rosso”. Tutte queste tipologie possono essere accompagnate dalla menzione riserva se opportunamente invecchiate. I vitigni da cui scaturiscono queste tipologie sancisce un perfetto equilibrio (dieci a dieci) tra varietà a bacca bianca e varietà a bacca nera, equilibrio rispettato anche tra le varietà così dette internazionali e quelle autoctone che sono ben nove su venti. Il territorio dei Colli Orientali del Friuli dà ai vini bianchi un colore giallo paglierino con riflessi più o meno verdognoli o dorati, o nel caso del Pinot grigio un riflesso ramato più o meno accentuato. In bocca i vini sono è gradevoli, morbidi, con profumi netti ed intensi che spaziano dal fruttato sostenuto al floreale fine ed elegante. La nota di mandorla amara è caratteristica del tipico vitigno che la origina, il Tocai Friulano. La struttura dei vini dei Colli Orientali ne permette anche un lungo invecchiamento nel tempo.
I vini rossi sono caratterizzati da un colore rosso rubino con diverse sfumature, il profumo presenta una gradevole finezza tendente all’erbaceo, allo speziato e ai sentori di sottobosco e piccoli frutti. In bocca sono equilibrati, con una nota di astringenza per le varietà autoctone più vocate all’invecchiamento, l’acidità è quindi sempre presente senza mai disturbare il palato. La denominazione di origine controllata Friuli Colli Orientali annovera al suo interno ben cinque sottozone chiamate rispettivamente: Cialla, Pignolo di Rosazzo, Ribolla gialla di Rosazzo, Schioppettino di Prepotto e Refosco di Faedis. La sottozona Cialla comprende una parte del comune di Prepotto e dà origine a 6 vini di cui 4 con l’indicazione del vitigno: Ribolla gialla, Verduzzo friulano, Schioppettino, Refosco dal peduncolo rosso, più il Bianco e il Rosso. Le rese di produzione di questi vini sono più contenute rispetto alla denominazione generale e si attestano tra le 6 e le 8 tonnellate a ettaro. Le sottozone Pignolo di Rosazzo e Ribolla gialla di Rosazzo ricadono in una piccola zona a cavallo tra i comuni di Corno di Rosazzo, Manzano e San Giovanni al Natisone. Vi i producono due vini da vitigni autoctoni, rispettivamente il Pignolo e la Ribolla gialla. Il Pignolo rappresenta senza dubbio il più aristocratico tra i vini della denominazione, con una spiccata propensione per il lungo invecchiamento. La concentrazione polifenolica e quella dei tannini, assieme all’elevata concentrazione alcolica, si amalgamano in un insieme che ne permette la durata nel tempo, arrivando anche a dieci anni di vita con prodotti che si esprimono ancora ai massimi livelli. Lo Schioppettino di Prepotto comprende parte del comune di Prepotto e si caratterizza con un unico vino che ha trovato in questo comune una tra le sue massime espressioni, per il quale è contemplata anche la tipologia riserva. Il Refosco di Faedis infine, è una sottozona caratterizzata dalla produzione del vitigno Refosco nostrano e comprende il comune di Faedis e di Torreano, Attimis, Nimis, Povoletto e Tarcento. Anche per questa tipologia è prevista la menzione “riserva”.

Friuli Annia DOC

La zona di produzione della DOC Friuli Annia è interamente situata in provincia di Udine e si affaccia sulla Laguna di Marano, proseguendo poi a nord verso Palmanova e Cervignano del Friuli. Il territorio è pianeggiante, con caratteristiche particolarmente adatte alla coltivazione della vite. La vicinanza del mare rende il clima d’estate sempre ventilato e d’inverno mite, con temperature medie annue dai di 13 ai 15°, asciutto anche grazie al vento di Bora che spazza l’umidità via dalla bassa pianura in vari periodi dell’anno. I terreni hanno natura prevalentemente argillosa con una componente di sabbie variabile da zona a zona. La zona della DOC Friuli Annia è attraversata dall’antica Via Annia, costruita dai Romani per collegare il centro di Aquileia a Iulia Concordia (oggi Concordia Sagittaria) e congiungerla poi alla via Emilia. La zona dell’Annia era già conosciuta ed apprezzata per i suoi vini durante il periodo romano. La denominazione Friuli Annia comprende numerose tipologie di vino, tra le quali il Friuli Annia bianco, rosso e rosato, lo Chardonnay, la Malvasia Istriana, il Pinot grigio, il Sauvignon, il Friulano, il Traminer aromatico, il Verduzzo friulano, il Merlot, il Cabernet franc e il Cabernet sauvignon, il Refosco.

Collio Goriziano o Collio DOC

Il Collio Goriziano comprende la fascia collinare settentrionale della provincia di Gorizia, tra i fiumi Isonzo a est e Judrio a ovest, con a nord il confine con la Slovenia, mentre a sud è delimitata dalla pianura isontina. Il Collio comprende circa 1.500 ettari di vigneto posti su una sequenza di colline lungo la direttrice est ovest, che presentano ampie superfici felicemente esposte al sole, ideali per una viticoltura di qualità.. Dopo la seconda guerra mondiale il Collio si trovò separato dal confine tra l’Italia e la Jugoslavia, dando origine a due distinte zone vinicole, il Collio Italiano e il Brda nella parte slovena. I vini bianchi del Collio hanno un colore giallo paglierino tenue, talvolta con riflessi verdognoli o con dorati più o meno intensi a seconda del vitigno e delle tecniche di vinificazione. I profumi sono fruttati, netti ed intensi, mentre al palato prevale una gradevole morbidezza, talvolta sostenuta da un lieve sentore di mandorla, tipiche del Tocai Friulano, vitigno dal quale originano. La produzione inizia con la cernita delle uve, sottoposte a pigiatura soffice e a fermentazione a temperatura controllata in assenza delle bucce, per mantenere ed esaltare i profumi caratteristici del vitigno. Per i vini destinati a prolungata maturazione la vinificazione prevede un breve periodo di contatto con le bucce, dando vita a vini con riflessi dorati più intensi e di maggior corpo. I vini rossi del Collio presentano un colore rosso rubino brillante, al profumo si distinguono per la netta personalità e il finissimo aroma erbaceo. Al sapore presentano la rotonda corposità derivante da uve mature e da una settimana di fermentazione a contatto con le bucce. I vini da invecchiamento partono da un’attenta scelta delle uve e il tempo di fermentazione sulle bucce viene prolungato ancora di alcuni giorni. I vini più invecchiati manifestano sentori terziari più o meno complessi in funzione del tempo di permanenza nelle botti di legno.

Carso DOC

La DOC Carso insiste sul territorio della provincia di Trieste, a cui si aggiungono alcuni comuni della provincia di Gorizia. Una caratteristica locale sono i muri a secco che delimitano gli appezzamenti, costruiti negli anni con le pietre tolte dai terreni per renderli idonei alle coltivazioni. Il suolo lungo la costa è limoso-argilloso, con i tipici terrazzi, detti “pastini“, strisce di terreno coltivate sostenute da muri a secco e con pendenze anche superiori al 60%. Nel Carso il terreno è caratterizzato dalle “terre rosse”, strati argillosi che coprono anche di pochi centimetri il terreno calcareo sottostante. Le famose “doline” sono tipici avvallamenti carsici di forma circolare con sezione a ciotola o imbuto. La denominazione Carso o Kras DOC risale agli anni ottanta. I vitigni utilizzati per la produzione dei vini sono sette a bacca bianca e cinque a bacca rossa. Insieme danno origine a tredici tipologie di vino, alcune delle quali anche nella versione “riserva”. Il territorio dona ai vini bianchi il loro bel colore giallo paglierino, che talvolta presenta riflessi dorati più o meno intensi. Al palato la sensazione è di gradevole morbidezza, mentre al naso dominano profumi netti ed intensi fruttati, talvolta speziati, tipici dei vari vitigni di origine. I vini destinati a maturazione più lunga vengono sottoposti a un breve contatto con le bucce ottenendo riflessi dorati, anche intensi, e maggiore struttura. vini rossi hanno un colore rosso rubino intenso talvolta violaceo, al naso mostrano una netta personalità caratterizzata sovente da toni erbacei gradevoli e decisi, dalla struttura e dall’acidità buona, talvolta marcata come nel vitigno Terrano. Le uve vengono raccolte ben mature e la fermentazione a contatto delle bucce si prolunga anche per una settimana. Per i vini da invecchiamento la scelta delle uve è più accurata e il tempo di fermentazione sulle bucce viene prolungato di alcuni giorni. I vini più invecchiati presentano profumi terziari più o meno complessi a seconda del tempo di permanenza nelle botti di legno.

Lambrusco Salamino di Santa Croce DOC

La DOC Lambrusco Salamino di Santa Croce comprende vini frizzanti e spumanti, nelle tipologie rosso o rosato. Dalle uve prodotte nella pianura pedemontana e nei rilievi collinari posti in provincia di Modena si ottiene un vino di colore rosso tendente al violaceo, strutturato, di corpo morbido, di bassa acidità, con note fruttate molto evidenti. La freschezza e la fragranza dei profumi contribuiscono al loro equilibrio gustativo. I vini Lambrusco Salamino di Santa Croce DOC devono essere composti da Lambrusco salamino per almeno l’85% del totale, altri lambruschi tradizionalmente coltivati nella zona, Fortana (localmente detta Uva d’oro) e Ancellotta fino ad un massimo del 15% del totale. Le pratiche relative alla loro elaborazione sono esclusivamente la rifermentazione naturale in bottiglia e la rifermentazione naturale in autoclave, indispensabili a conferire ai vini DOC Lambrusco Salamino di Santa Croce le loro peculiari caratteristiche. Il Lambrusco può essere frizzante o spumante, dal colore rosso rubino brillante, e da servire a 12-14 °C per cogliere appieno fragranze e profumi.

Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC

La DOC Lambrusco Grasparossa di Castelvetro comprende vini frizzanti e spumanti, nelle tipologie rosso o rosato, elaborati con le uve prodotte nella pianura pedemontana e nei rilievi collinari della provincia di Modena. Il vino ha colore rosso tendente al violaceo, è strutturato, di corpo morbido e di bassa acidità, con note fruttate molto evidenti. La freschezza e la fragranza dei profumi contribuiscono al loro equilibrio gustativo. I vigneti destinati alla produzione delle uve DOC Lambrusco Grasparossa di Castelvetro devono comprendere il vitigno Lambrusco grasparossa, per almeno l’85% del totale, altri lambruschi tradizionalmente coltivati nella zona e Malbo Gentile fino ad un massimo del 15% del totale. Le pratiche relative all’elaborazione dei vini comprendono esclusivamente la pratica della rifermentazione naturale in bottiglia e della rifermentazione naturale in autoclave, indispensabili a conferire ai vini DOC Lambrusco Grasparossa di Castelvetro le loro peculiari caratteristiche. Il Lambrusco può essere frizzante o spumante, il colore è rosso rubino brillante, e va servito a 12-14 °C per cogliere appieno fragranze e profumi.

Lambrusco di Sorbara DOC

La denominazione Lambrusco di Sorbara DOC comprende vini frizzanti e spumanti, nelle tipologie rosso o rosato. Dalle uve prodotte nella media pianura modenese si ottengono vini rossi di colore rubino più o meno intenso, poveri di struttura, di acidità medio-alta, di grado alcolico contenuto e con evidenti sentori floreali e fruttati. La freschezza e la fragranza dei profumi contribuiscono al loro equilibrio gustativo. Le pratiche relative all’elaborazione dei vini  fanno riferimento esclusivamente alla pratica della rifermentazione naturale in bottiglia e della rifermentazione naturale in autoclave, indispensabili a conferire ai vini Lambrusco di Sorbara DOC le loro peculiari caratteristiche. Il Lambrusco, un vino rosso che può essere frizzante o spumante, ha colore rosso rubino brillante, e va servito a 12-14 °C per cogliere appieno fragranze e profumi.

Vesuvio DOC

I vigneti della denominazione Vesuvio DOC si trovano sulle pendici del vulcano, subito est di Napoli. I vini della Vesuvio DOC possono essere prodotti in diverse tipologie, rosso, bianco, rosato, spumante e liquoroso (quest’ultimo può essere sia secco che dolce). Il vino bianco deve essere ottenuto per un minimo del 35-80% da uve del vitigno Coda di Volpe (una varietà derivata dagli antichi vitigni romani della Campania Felix e il cui lungo grappolo ricorda la coda di una volpe e che può essere confusa nel vigneto con il vitigno locale Caprettone) e/o Verdeca. Il restante 20% comprende uve Falanghina o Greco. La versione liquorosa è ottenuta dalla stessa miscela. Il rosé e il vino rosso devono includere almeno l’80 per cento di Piedirosso (localmente noto come Per’e Palummo, o Palombina), una varietà di vite chiamata così per via delle nodose basi rosse delle viti e la loro somiglianza con i piedi rossi di una colomba nativa, e/o Sciascinoso (localmente noto come Olivella). Non ci deve essere meno del 50 percento di Piedirosso, e il restante 20 percento può essere costituito da uve del vitigno Aglianico. I vini bianchi e rosati sono di solito prodotti per il consumo immediato, mentre i rossi hanno longevità maggiore. I vini rossi presentano una gamma di aromi affumicati e minerali, derivati ​​dal terreno vulcanico su cui vengono coltivate le uve. Inoltre possono avere note di prugne, lamponi e ciliegie, avvolti in spezie come la cannella e il pepe bianco. I vini la cui gradazione alcolica sia almeno dall’1 all’1,5 percento più alta rispetto alla qualifica base della Vesuvio DOC, possono portare il nome Lacryma Christi del Vesuvio. La maggior parte dei vini della zona del Vesuvio sono etichettati in questo modo. Il nome particolare di questo vino ha dato origine a molti miti. Una di queste leggende racconta che quando Gesù salì al cielo, gettando gli occhi sulla bellissima baia di Napoli, pianse lacrime di gioia, che caddero sul Vesuvio causando la crescita delle viti. Un’altra attribuisce le lacrime di gioia al dio romano del vino, Bacco.

Penisola Sorrentina DOC

La denominazione Penisola Sorrentina DOC comprende il comune di Sorrento e la zona costiera che lo circonda, in Campania. Una tipicità della zona è il vino rosso frizzante ottenuto dai classici vitigni campani Piedirosso, Sciascinoso e Aglianico. Sorrento è il comune più importante della penisola da cui prende il nome. La zona si trova tra le acque azzurre del Golfo di Napoli e la cresta montuosa che costituisce la spina dorsale della penisola. L’altitudine massima è di 550 metri, sopra Sorrento, al di là della quale si trova la Costiera Amalfitana. Sorrento è uno dei tre comuni della penisola riconosciuti per la qualità dei loro vini. Gli altri sono Gragnano e Lettere, ed in quanto tali, hanno dato il nome alla tre sottozone DOC della Penisola e possono quindi aggiungere il proprio nome al marchio DOC Penisola Sorrentina sulle etichette dei vini. Attualmente le sottozone si limitano ai vini rossi frizzanti prodotti localmente, anche se in futuro potrebbero essere esteso ad altre tipologie.

Ischia DOC

La denominazione Ischia DOC comprende l’isola di Ischia (la più grande delle isole flegree) nel Golfo di Napoli. I terreni vulcanici dell’isola sono ben drenati e fertili, costituiti da tufo verde. Le fresche brezze marine temperano il calore estivo e grazie anche all’altitudine delle colline dove sono posti i vigneti (attorno ai 200 m), le viti trovano il loro ambiente ideale. L’isola è piuttosto piccola e i vigneti siano generalmente situati su terrazze. Le difficoltà della gestione delle vigne viene però ripagata da un vino prodotto di alta qualità, che già nel 1966 ha ricevuto il riconoscimento della DOC, la seconda in Italia. I vini della DOC Ischia comprendono sette tipologie: bianco, bianco frizzante, rosso, Biancolella, Forestera, Piedirosso e Piedirosso passito. La denominazione è più conosciuta per i suoi vini bianchi, prodotti con uve del vitigno Biancolella, coltivato esclusivamente a Ischia e le cui migliori uve provengono dai vigneti coltivati ​​sulle terrazze poste sulle ripide pendici del Monte Epomeo. I grappoli vengono raccolti spostandosi da una terrazza all’altra mediante carrelli a cremagliera su monorotaia. Anche la Forastera, l’altro vitigno a bacca bianca più diffuso a Ischia, ha un ruolo importante, conferendo ai vini bianchi di Ischia il loro sapore fresco e asciutto. L’Ischia Bianco è prodotto con il 30-55% di Biancolella e 45-75% di Forastera (anche in versione spumantizzata) a cui si possono aggiungere un massimo del 15% di altre uve bianche. I vini sono caratterizzati da buon corpo, freschezza e note fruttate e floreali. Il bianco superiore richiede una gradazione alcolica di un grado superiore rispetto alla versione base. I vini rossi della Ischia DOC sono dominati dalle uve Guarnaccia e Piedirosso (localmente noto come Per’e Palummo, ossia “piede di piccione” per la forma e il colore delle radici della vite), con Barbera e pochi altri. I vini prodotti da questa varietà tendono ad avere buoni tannini e gradazione alcolica. Con la maturazione, assumono fragranti note di violetta su di un sottofondo speziato.

Irpinia DOC

La denominazione di origine Irpinia DOC si trova in Campania, nella provincia vinicola di Avellino ed ha ottenuto il riconoscimento della DOC nel 2005. Questa è la patria del Greco di Tufo, del Taurasi e del Fiano di Avellino, vini DOCG di fama internazionale.  La fama dell’Irpinia è anche dovuta all’ambiente ideale per la viticoltura e per le uve di alta qualità che vi vengono coltivate. Questo è reso possibile dalla combinazione di alta altitudine e posizione su pendii a buona esposizione, dai terreni vulcanici e calcareo-argillosi, dalle lunghe stagioni estive e dalle escursioni termiche giorno-notte. Gli antichi vitigni a bacca bianca Greco e Fiano e il rosso Aglianico rosso sono il fiore all’occhiello della zona. Da questi vitigni si ricavano i vini di tre DOCG e di questa DOC. Altre gemme enologiche dell’Irpinia sono le varietà Coda di Volpe, Falanghina, Piedirosso (localmente chiamata Per’e Palummo) e Sciascinoso (Olivella). Nuove e migliorate tecniche di vinificazione hanno permesso ai vitigni della regione di arrivare ai massimi livelli in termini di qualità e piacevolezza. Le tipologie comprese nell’Irpinia DOC includono un vino bianco (prodotto anche come spumante), composto da un uvaggio che comprende il 40-50% di Greco e il 40-50% di Fiano, con un ulteriore 20% consentito di altre varietà. Il rosso (anche novello) e il rosato comprendono un minimo di Aglianico al 70% e un massimo del 30% di altre varietà rosse. Tra i vini varietali l’Aglianico (anche passito e liquoroso), il Coda di Volpe e la Falanghina (anche spumante o spumante), il Fiano e il Greco (anche spumante e passito) e lo Sciascinoso.

Costa d’Amalfi DOC

La zona della denominazione Costa d’Amalfi DOC è famosa per i suoi paesaggi spettacolari e per le sue scogliere scoscese, per non parlare dei paesini da cartolina che fiancheggiano le colline e le baie. Il terroir e la viticoltura qui sono dettati dalla topografia e dalla geologia della Penisola Sorrentina. I terrazzamenti posti su ripide pareti rocciose e colline preclude l’uso di attrezzature per la raccolta meccanizzata. In alcuni punti, scogliere alte più di 600m si tuffano nella costa azzurra del Golfo di Salerno. In questa zona molti vigneti sono costosi da gestire quanto belli da vedere. E’ proprio la loro posizione poco accessibile ad aver salvato i vigneti di Amalfi dal destino vissuto da quelli di Capri, dove il turismo si è rivelato un’alternativa irresistibile alla viticoltura e le vigne sono state sradicate. Furore, Ravello e Tramonti sono tre villaggi della Costiera Amalfitana dove si producono vini Costa d’Amalfi DOC particolarmente pregiati e per questo hanno dato il nome ad altrettante sottozone della denominazione. La denominazione Costa d’Amalfi DOC comprende i vini rossi, bianchi e rosati prodotti lungo la famosa Costiera Amalfitana, a sud di Napoli, in Campania. Il Costa d’Amalfi Rosso DOC si basa sulle classiche varietà rosse campane dell’Aglianico e del Piedirosso, cui si unisce lo Sciascinoso (noto anche come Olivella), varietà meno conosciuta e più comunemente associata ai vini del Sannio nella Campania settentrionale. Il vino rosso Costa d’Amalfi DOC può portare la menzione riserva solo se proviene da uno di questi tre comuni e ha passato almeno due anni di invecchiamento, di cui come minimo 12 mesi in botte. I Rosati della Costa d’Amalfi DOC impiegano lo stesso uvaggio per dare vini intensamente profumati e per lo più secchi al palato. Il Costa d’Amalfi Bianco DOC è composto principalmente da Falanghina e Biancolella, localmente noti come Biancazita e Biancatenera. Diversi altri vitigni locali sono anche ammessi nella composizione dei vini bianchi.

Capri DOC

Il territorio della Capri DOC corrisponde con quello della famosa isola all’estremità meridionale del Golfo di Napoli. L’Isola di Capri vanta una lunga e illustre storia di produzione vinicola e ha ottenuto la DOC nel settembre 1977, 11 anni dopo la sua sorella maggiore, Ischia, che si trova a nord di Capri, attraversando il golfo. La DOC copre un vino rosso e uno bianco di base, ottenuti da varietà di vite tradizionali della zona. Il Capri Rosso è prodotto prevalentemente con l’uva Piedirosso, vitigno autoctono campano. È diffuso qui a Capri che più in qualsiasi altro luogo, pur essendo ampiamente coltivato anche attorno al Vesuvio per l’utilizzo nei vini Lacryma Christi. Il Piedirosso deve costituire almeno l’80% dei vini Capri rosso, assieme ad “altri vitigni a bacca nera, non aromatici, raccomandati e/o consigliati per le province di Caserta e di Napoli”. Il Capri Bianco è invece ottenuto da uve dei vitigni Falanghina e Greco Bianco. La Falanghina era il vitigno di base antichi vini faleni (vedi Falerno del Massico DOC), mentre il Greco Bianco è un vitigno geneticamente identico all’Asprinio utilizzato negli spumanti di Aversa , appena fuori Napoli. Il futuro della produzione vinicola di Capri è indissolubilmente legato al flusso turistico in costante aumento nell’isola. Per ironia della sorte, il turismo ha portato anche allo sradicamento dei vigneti per costruire alberghi ed alloggi e attrazioni, e molti produttori di vino si sono convertiti ai servizi di ospitalità. L’Isola d’Ischia, all’estremità settentrionale del Golfo di Napoli, si trova in una situazione simile, anche se la sua maggiore estensione le permette di conservare ancora alcune porzioni di vigneto di qualità (meno di 100ha).

Cirò DOC

I vini della denominazione Cirò DOC sono prodotti nelle colline orientali dell’altopiano della Sila e sulla costa ionica, nei comuni di Ciro, Cirò Marina, Crucoli e Melissa. La Cirò DOC è nota principalmente per il vino rosso, anche se una quantità limitata di vini bianchi viene prodotta a partire da uve dei vitigni Greco Bianco e Trebbiano. Il Cirò Rosso DOC è prodotto con il 95% di Gaglioppo, mentre il restante 5% è rappresentato dalle varietà a bacca bianca Greco Bianco e Trebbiano Toscano. Può sembrare strano che un vino rosso di questa zona possa essere prodotto con una parte di uve bianche, ma questo avviene anche altrove. Per esempio, nella valle del Rodano settentrionale (Cote Rotie) i vini rossi corposi della zona sono spesso resi più morbidi e seducenti con l’aggiunta di uve del vitigno a bacca bianca Viognier, a volte fino anche al 20%. I vini Cirò Rosso Riserva rappresentano il più alto livello di qualità della denominazione e probabilmente dell’intera Calabria. Le riserve devono aver passato un periodo di affinamento di almeno due anni prima della messa in commercio, de quali sei mesi devono essere di maturazione in botti di rovere . I vini Cirò DOC con la menzione classico provengono da uve coltivate nel cuore della zona e sono teoricamente di qualità superiore. I vini sono generalmente tannici e corposi, di buona struttura e con un alto contenuto in alcol, fino al 14%. Generalmente sono destinati al consumo entro cinque anni dalla vendemmia, ma in alcuni casi possono essere necessari fino a dieci anni per ammorbidire la struttura tannica nel caso dei vini più strutturati.