Rosso di Montalcino DOC

Il territorio di produzione del vino Rosso di Montalcino DOC corrisponde all’area del comune di Montalcino, in provincia di Siena, nella Toscana sud-orientale a 40 chilometri a sud della città di Siena. Negli anni ’60 del XX secolo si pensò di inquadrare questo vino nell’ambito di una denominazione di origine e la prima idea fu di designare questo vino come “Rosso dai Vigneti di Brunello”. Successivamente il vino è stato designato come “Rosso di Montalcino”, nome che si è radicato proprio per essere immediato e legato al territorio. Il Rosso di Montalcino è apprezzato per la sua fragranza e freschezza, data dagli aromi primari (fruttati) e dagli aromi secondari (provenienti dalla fermentazione). Il Rosso di Montalcino è un vino visivamente limpido, brillante, di colore rosso rubino intenso. Ha profumo caratteristico ed intenso e sapore asciutto, caldo e gradevolmente tannico. Il Rosso di Montalcino si accompagna a primi piatti con salse strutturate ed a salumi, formaggi e carni non troppo strutturate. Va servito in calici a forma ampia e ad una temperatura di 16-18°C.

Rosso Piceno DOC

L’area geografica della DOC Rosso Piceno è la parte del territorio della regione Marche che ha come confine nord il decorso del fiume Metauro, per le province di Pesaro ed Ancona, ed a sud il fiume Tronto che è confine con la regione Abruzzo. Il Rosso Piceno DOC comprende quattro tipologie di vino rosso (Rosso Piceno, Rosso Piceno novello, Rosso Piceno Sangiovese, Rosso Piceno Superiore). In particolare i vini Rosso Piceno presentano un colore rosso rubino intenso con riflessi violacei, all’odore si riscontrano note di frutti rossi, al gusto risultano armonici ed equilibrati, con un retrogusto abbastanza persistente. I vini Rosso Piceno novello hanno colore rosso rubino intenso, profumi floreali con sfumature di frutta rossa, sapore fresco e armonico. I vini Rosso Piceno sangiovese hanno colore rosso rubino intenso con sfumature violacee, profumi di frutta rossa riconducibili alle more al ribes, al gusto sono equilibrati minerali con un retrogusto abbastanza persistente. I vini Rosso Piceno Superiore provengono da un’area molto ristretta della parte sud delle Marche, zona ad altissima vocazionalità viticola, presentano colore rosso rubino con riflessi granato aranciati, perché sono vini invecchiati almeno un anno; al profumo si riscontrano aromi di frutti rossi, con note di liquirizia e cacao, al gusto sono corposi, armonici, intensi e sono molto persistenti.

Rosso Conero DOC

Il riferimento geografico per la DOC Rosso Conero è il promontorio del Monte Conero che si erge sul mare Adriatico e le colline che discendono dallo stesso verso l’entroterra. Interessa i comuni di: Ancona, Camerano, Numana, Sirolo, Osimo, Offagna Castelfidardo ricadenti nella provincia di Ancona. Persistenza aromatica e grande fruttato al palato sono le principali caratteristiche del vino Rosso Conero. Il colore è rubino intenso dalle sfumature violacee in età giovane e passa a toni più maturi, granati ed aranciati con il passare dell’affinamento, che può protrarsi anche oltre i 10 anni. La pungente tannicità che si avverte se consumato entro il primo anno si sposta ad una piacevole morbidezza con il passare del tempo. Strutturato e corposo, il Rosso Conero si fa notare per la sua iniziale vinosità che volge alla frutta, quasi confettura, con il trascorrere degli anni. Secco, asciutto e complesso, ha una grande sensazione pseudo-calorica dovuta alla bassa resa per ettaro delle uve , alla conformazione del terreno unita e all’esclusivo microclima presente nel promontorio del Conero.

Torgiano Rosso Riserva DOCG

La zona della denominazione Torgiano Rosso Riserva DOCG comprende l’intero territorio del comune di Torgiano, in provincia di Perugia. Essa è riservata i vini prodotti con uve del vitigno Sangiovese (min.70%) e di altri vitigni a bacca nera, non aromatici e idonei alla coltivazione per la Regione dell’Umbria, fino ad un massimo del 30%. Tali vitigni sono quasi esclusivamente Cabernet Sauvignon, Merlot, Canaiolo e Colorino. Il vino Torgiano Rosso Riserva DOCG deve essere sottoposto ad un periodo di invecchiamento di almeno tre anni, dei quali almeno 6 mesi in bottiglia. Il vino Torgiano Rosso Riserva DOCG ha un acidità normale, ottima struttura, colore tendenzialmente rosso rubino intenso mentre al naso ha un bouquet delicato di aromi fruttati e floreali.

Rosso della Val di Cornia DOCG

La zona interessata dalla denominazione Rosso della Val di Cornia DOCG ricade nelle province di Livorno e Pisa e comprende, in provincia di Livorno, tutto il territorio dei comuni di Suvereto e Sassetta e parte di quello dei comuni di Piombino, San Vincenzo e Campiglia Marittima ed in provincia di Pisa, tutto il territorio amministrativo del comune di Monteverdi Marittimo. La denominazione Rosso della Val di Cornia DOCG comprende vini rossi prodotti a partire da uve del vitigno Sangiovese (min.40%), Cabernet Sauvignon e Merlot fino ad un massimo del 60%, da altri vitigni a bacca nera autorizzati per la regione Toscana fino ad un max.del 20%. La denominazione Rosso della Val di Cornia DOCG comprende la tipologia base e riserva. La riserva prevede una affinamento minimo di 3 anni di cui almeno 18 mesi in botte di legno. I vini presentano un modesto tenore di acidità, il loro colore è rosso rubino intenso, tendente al granato con l’invecchiamento. Al naso sono intensi, eleganti e complessi, con note di frutta rossa di bosco e confettura nei vini più invecchiati. Al palato sono caldi ed asciutti, giustamente tannici, con note speziate e sentore di legno nei prodotti invecchiati. I vini per i quali è previsto l’invecchiamento, si arricchiscono con il tempo di profumi, aromi e sapori più intensi, consistenti e persistenti.

Montello Rosso o Rosso del Montello DOCG

La denominazione Montello Rosso o Rosso del Montello DOCG si trova in una zona in Provincia di Treviso, sulle colline del Montello e dei Colli Asolani, tra Nervesa della Battaglia ad est, e l’abitato di Fonte ad ovest. I vigneti si trovano ad un’altitudine che va dai 100 ai 450 metri s.l.m., in una zona protetta dai venti freddi, estati non troppo calde, autunni miti e forti escursioni termiche notte-giorno. La presenza e lo sviluppo della vite sui Colli Asolani e sul Montello si deve ai monaci benedettini prima e alla Repubblica Veneta poi. Il riconoscimento della DOC Montello e Colli Asolani”  risale al 1977 e nel 2011 è stata conferita la DOCG Montello Rosso o Rosso del Montello. La denominazione Montello Rosso o Rosso del Montello DOCG comprende i vini Montello rosso e Montello rosso superiore, basati sui vitigni Cabernet Sauvignon (dal 40 al 70%), Merlot e/o Cabernet Franc e/o Carmenère (dal 30 al 60%). E’ sempre possibile aggiungere fino al 15% di uve a bacca nera idonee alla coltivazione per la provincia di Treviso. I vini a denominazione Montello Rosso o Rosso del Montello DOCG devono essere sottoposti ad affinamento di almeno 18 mesi di cui almeno 9 mesi in botti di rovere ed almeno 6 mesi in bottiglia e di almeno 24 mesi di cui almeno 12 mesi in botti di rovere ed almeno 6 mesi in bottiglia per la tipologia superiore. Il vino Montello Rosso o Rosso del Montello DOCG è caratterizzato da un colore rosso rubino intenso che tende al granato con l’invecchiamento, tannini morbidi ed una alta concentrazione in antociani. Il suo profumo è intenso e complesso, con sentori di marasca e piccoli frutti rossi. Al palato presenta una struttura di grande equilibrio fra le diverse componenti ed una elevata morbidezza al palato. Il lungo invecchiamento in botti di rovere riservato al Montello Rosso gli conferisce eleganza e un profumi terziari con note di tostatura e sensazioni lievemente eteree.

Castel del Monte Rosso Riserva DOCG

La denominazione Castel del Monte Rosso Riserva DOCG è riservata ai vini ottenuti da uve del vitigno Uva di Troia per un minimo del 65%. L’area della denominazione di origine Castel del Monte Rosso Riserva DOCG trae l’appellativo dal famoso castello federiciano oggi patrimonio dell’UNESCO ed è parzialmente inclusa nel Parco Naturale dell’Alta Murgia. La zona di produzione si trova a cavallo tra la provincia di Bari e quella di Barletta-Andria-Trani e comprende il territorio comunale di Minervino Murge e in parte i territori comunali di Andria, Corato, Trani, Ruvo, Terlizzi, Bitonto, Palo del Colle e Toritto e completamente l’isola amministrativa D’Ameli del comune di Binetto. L’Uva di Troia è un vitigno a maturazione tardiva, non facile da coltivare, perché molto esigente in termini climatici. Non è un caso che la sua diffusione sia storicamente sempre stata limitata a un’area piuttosto ristretta. Il vino Castel del Monte Rosso Riserva DOCG prima dell’immissione al consumo deve essere sottoposto ad un periodo di invecchiamento di almeno due anni di cui almeno uno in legno. Il vino Castel del Monte Rosso Riserva DOCG ha un colore rosso rubino intenso e profondo. Al naso esprime aromi fruttati di prugna, more, note speziate di liquirizia e note balsamiche. Al palato ha buona struttura, con tannicità fitta e importante e buona freschezza. Il finale è lungo e persistente. La presenza di tannini e acidità predispone il vino a lunghi invecchiamenti, che mettono in luce belle note d’evoluzione verso complessi aromi terziari.

Refosco dal peduncolo rosso

Il Refosco dal peduncolo rosso è un vitigno autoctono del Friuli-Venezia Giulia, che deve il suo nome particolare alla colorazione rossa del peduncolo, cioè della base del rachide, che forma l’ossatura del grappolo. Il Refosco dal peduncolo rosso appartiene alla più vasta famiglia dei Refoschi, la quale comprende, oltre al vicino parente Refosco nostrano o di Faedis, anche vitigni come il Terrano o la Cagnina di Romagna, tutti accomunati da un’origine comune con la stessa famiglia di viti selvatiche, come dimostrato da recenti studi sul DNA. Il Refosco dal peduncolo rosso è presente anche nel Veneto, dove è stato recentemente inserito nelle DOC di recente approvazione. Il suo territorio d’eccellenza rimane però quello del Friuli, in particolare con le DOC Colli Orientali del Friuli, Friuli Aquileia, Friuli Grave e del Friuli Latisana. Si trova anche nella porzione veneta della Lison Pramaggiore DOC. In Friuli, le vigne Refosco dal Peduncolo Rosso sono piantate sia su terreni collinari che pianeggianti. Infatti, la maturazione delle sue uve richiede un accesso sufficiente al calore e alla luce solare, che dunque sono fondamentali per decidere dove piantare l’uva. Il Refosco dal Peduncolo Rosso, vinificato in modo tradizionale, dà un vino molto spigoloso, tannico ed in più anche acido, cosa che lo può rendere sgarbato e burrascoso. E’ un vitigno ribelle che richiede massima cura e tempo di affinamento in legno per farlo diventare un grande vino rosso.

Piedirosso

vitigno piedirosso

Il Piedirosso è un vitigno a bacca nera, autoctono della Campania, in particolare della zona di Napoli. È anche conosciuto con il suo nome dialettale, Per’ e palummo, che si riferisce ai pedicelli dei chicchi, colorati di rosso come quelli di una zampa di colombo. Per molti anni Piede di Colombo fu il nome ufficiale del vitigno, che muterà in Piedirosso solo ai primi del ‘900. Il Piedirosso viene anche identificato con un vitigno locale noto come Palombina Nera, e all’uva Colombina, le cui descrizioni risalgono al Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. Tra l’800 ed il ‘900 il Piedirosso si è diffuso in tutto il Napoletano, nell’Avellinese e nella zona del Vesuvio e del Monte Somma. Il vitigno Piedirosso si trova vinificato in purezza, oppure in uvaggio con altri vitigni locali quali l’Aglianico o lo Sciascinoso. Il Piedirosso viene oggi coltivato nelle province di Caserta, Napoli e Salerno e fa perciò parte di molte denominazioni di origine e indicazioni geografiche campane, sia in purezza che in assemblaggio. Lo troviamo nella Sannio DOC, nella Sant’Agata dei Goti DOC, nella Costa d’Amalfi DOC, nella Campi Flegrei DOC, nella Falerno DOC, nel vino Lacrima Christi e nel Taburno, anche nella tipologia rosato. Il Piedirosso viene coltivato intensivamente anche sulle isole di Capri e Ischia per le rispettive denominazioni. I vini del Piedirosso hanno un bel colore rosso rubino e la loro gamma olfattiva varia dai frutti rossi come prugne e ciliege nei vini giovani fino alle sfumature terziarie di quelli maturati in legno, con note di caffè, tabacco e spezie. Nella zona del Sannio i vini presentano anche profumi resinosi e affumicati, con piccole note floreali che possono avere punte balsamiche nelle loro migliori espressioni.

STRACCIABRACHE Extra brut rosè

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Stracciabrache è un metodo classico rosè extra brut, ottenuto da Sangiovese proveniente vigna Strabuzzonii. Questo spumante racchiude il desiderio dell’azienda Malerba e dei 2 vignaioli di esprimere il loro eccezionale Sangiovese in versione spumantizzata non dimenticando l’innata vocazione al vino rosso. Il liquer de tiragè è ottenuto con le stesse uve che compongono il vino base. La raccolta è manuale ed avviene intorno alla fine di agosto, viene imbottigliato ad ottobre e rimane sui lieviti 42 mesi. Le bottiglie prodotte sono solamente 620 ed il nome STRACCIABRACHE ovvero Smilax aspera è una pianta ha caratteri simili alla vite: portamento rampicante, presenza di viticci e fruttificazione a forma di grappolo che matura da settembre in poi. E’ un arbusto caratterizzante la macchia mediterranea, molto diffuso in tutta la Toscana. Ovidio, famoso poeta romano del 45 a.c., creò anche una mitologia raccontando di un grande amore tra la Ninfa Smilace e un giovane Guerriero chiamato Krokus. Questo amore era contrastato dagli Dei a tal punto che portò Krokus a suicidarsi, facendo impazzire Smilace. Gli Dei pentiti per ciò che avevano fatto concessero ai due di rivivere in due piante, il guerriero nel Crocus sativus con la sua violacea superbia ma dall’anima calda e luminosa rappresentata proprio dagli stimmi, la ninfa nella Smilax aspera con i rami spinosi e
le foglie a forma di cuore, in ricordo dell’amore.

Prospettiva 3

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Il colore è rosso granato. Al naso è intenso con note di frutta rossa matura, note speziate di pepe nero. In bocca è secco, fresco, caldo e tannico

Legami

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Legami è un vino a base di Tai rosso  alla vista è limpido, ma può presentare qualche deposito. Il colore è rosso rubino. Al naso è intenso con sentori di viola, rosa e piccoli frutti rossi. In bocca è secco, abbastanza caldo, leggermente tannico

PONENTE 270

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“Ponente 270” si vuole proporre in rappresentanza della tradizione reggiana di fare il Lambrusco utilizzando diverse varietà (Graparossa, Sorbara, Salamino, Maestri, Montericco) 75% e Malbo Gentile 15% cosi da ottenere complessità aromatica e gustativa al vino finale. Dalla spuma vivace questo rifermentato in bottiglia nasce secondo tecniche ancestrali. Rustico ma allo stesso tempo elegante, questo “succo” è il riflesso di una di piena sinergia tra il produttore e le proprie vigne. Chimica completamente assente e un lavoro in cantina atto a limitare al massimo ogni tipo di intervento invasivo.

La vinificazione avviene in vasche d’acciaio e la prima fermentazione avviene spontaneamente tramite lieviti indagini con una macerazione di 4 giorni sulle bucce, mentre la seconda fermentazione avviene direttamente in bottiglie con i lieviti che rimangono in sospensione all’interno fino al momento del consumo.

Gastronomico e della facile beva, rispecchia la convivialità che contraddistingue la terra dai cui proviene.

Note di frutta fresca unite a sentori vegetali e floreali esplodono nel bicchiere, con un tannino marcato ma mai invandente, al palato goloso e tonificante. Rosso rubino non limpido per la sua natura rustica di vino non filtrato e chiarificato, tramite la sua spuma leggera ma fitta che arricchisce una bevuta dalla straordinaria semplicità, ma che allo stesso tempo convive con un’eleganza unica.

Vino da tutto pasto, che stimola la fantasia nel trovare gli abbinamenti più adatti a seconda delle ricette che si custodiscono in ogni famiglia.

MAESTRALE 315

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Maestrale 315 è un vino rosso fermo ottenuto esclusivamente da uve Malbo Gentile, un vitigno autoctono e poliedrico diffuso sulle colline emiliane. Una potatura drastica viene effettuata al fine di ridurre drasticamente la resa per ceppo. La fermentazione avviene spontaneamente tramite lieviti indigeni in tini d’acciaio e sono effettuate diverse follature durante il periodo di macerazione che dura circa un mese. Successivamente il vino viene fatto riposare per oltre due anni in tonneau da 500 lt di rovere di terzo passaggio.

Da questo processo il vino sprigiona profumi fruttati, come note di frutti rossi sotto spirito, spezie e erbe aromatiche. Secco, tannico, con una sapidità ottimamente bilanciata e una buona alcolicità, questo vino è ben abbinabile a carni rosse molto saporite o a formaggi stagionati data la sua struttura.  Sicuramente un vino non “pettinato”, in quanto non esegue filtrazioni, stabilizzazioni e chiarifica e tutto ciò contraddistingue in maniera inconfondibile la mano di Denny Bini.

Brunello di Montalcino docg Bio

Il Brunello di Montalcino è fatto con sangiovese grosso vitigno tardivo con buone capacità di adattamento e tendente a produzioni abbondanti, la buccia violacea e tendente al nero è molto ricca di pruina. L’appezzamento da cui viene prodotto il Brunello di Piombaia è denominato vigna vecchia. Il vino si presenta di colore rosso rubino inteso, tannino persistente ed avvolgente in bocca, note di sottobosco frutti rossi e viola. Vino austero ed elegante, dotato di ottima longevità.

Il vino e il pesce

Con i piatti di pesce, si preferisce in genere abbinare un vino bianco. Infatti i piatti di pesce sono portate generalmente più delicate e meno strutturate delle portate di carne. Un vino rosso, soprattutto se di corpo, sicuramente sovrasterebbe il sapore del piatto non permettendo di apprezzarlo. Inoltre le portate di pesce non sono generalmente ì caratterizzate dalla succulenza tipica delle carni, per cui la tannicità dei vini rossi disturberebbe il palato piuttosto che stimolare le papille gustative. E’ però vero che esistono moltissime ricette per la preparazione del pesce. A seconda del tipo di pesce, della sua origine, del metodo di cottura, delle salse in accompagnamento, la struttura e la complessità gustativa del piatto può variare anche moltissimo, e con essa variano le possibili combinazioni di abbinamento col vino.

Scegliere il vino in funzione del tipo di pesce

Innanzitutto possiamo distinguere tra pesci di mare e pesci d’acqua dolce. I pesci di mare sono in genere più saporiti e richiedono vini potenzialmente più strutturati rispetto ai pesci di lago, sempre con le opportune considerazioni in funzione della struttura del piatto. I crostacei e i molluschi, con la loro tendenza alla salinità, richiedono vini più morbidi e magari anche leggermente aromatici, o spumanti metodo classico.

Scegliere il vino in funzione del tipo di cottura del pesce

I pesci al vapore, lessati e serviti con salse bianche si potranno servire con vini bianchi secchi, giovani e non molto strutturati, non esageratamente intensi all’olfatto o spumanti elaborati con il metodo charmat anche semiaromatici . I pesci in salsa rossa richiedono vini bianchi secchi di maggiore struttura o anche vini rosati, in dipendenza dalla struttura della portata. Pesci grassi cucinati in salsa rossa e in portate di una discreta succulenza possono profittare della tannicità di un vino rosso leggero, anche se questa rimane un’eccezione alla regola generale che prevede vini bianchi in abbinamento al pesce.

Alcuni esempi di abbinamento di vini ai piatti di pesce

  • Agoni fritti: Val d’Arbia DOC bianco, Gravina DOC bianco
  • Fritto misto di pesci azzurri: Bianchello del Metauro DOC, Alcamo DOC bianco, Aversa Asprinio spumante DOC
  • Acciughe al limone: Friuli Aquileia Riesling DOC, Gravina DOC bianco
  • Brodetto all’Anconetana: Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC
  • Capesante in salsa di zafferano: Montecarlo DOC bianco, Alghero DOC bianco
  • Cefalo al prezzemolo: Velletri DOC bianco, Vermentino di Sardegna DOC
  • Cernia al limone: Bianchello del Metauro DOC, Alcamo DOC bianco
  • Dentice brasato: Vernaccia di San Gimignano DOCG
  • Granceola all’olio e limone: Orvieto classico DOC, Castel del Monte DOC Sauvignon
  • Scorfano ai funghi: Pomino DOC bianco, Castel del Monte DOC bianco
  • Torta delicata di merluzzo agli champignon: Bolgheri DOC rosato, Gioia del Colle DOC rosato

Il vino e le carni

Le carni presentano un’ampia varietà di tipologie. A seconda del tipo di animale da cui provengono, possono innanzitutto essere bianche, rosse o scure. Pollame e coniglio hanno carni bianche, bovini e suini adulti carni rosse, molata selvaggina ha in genere carni scure.. Il colore delle carni dipende dalla quantità di emoglobina presente nel sangue del tipo di animale. Quindi intensità e struttura del piatto di carne non dipendono solamente dal metodo di cottura e dai condimenti, ma anche dall’origine dell’ingrediente principale. Le carni bianche dei volatili da cortile sono particolarmente povere di grassi, che si trovano soprattutto nella pelle, e non sono dotate di una particolare succulenza intrinseca. Pollo e tacchino hanno carni bianche molto magre. La maggior parte dei grassi si trova sulla pelle e si possono quindi eliminare facilmente. La faraona ha carni più scure e saporite. Anatra ed oca, anch’esse a carne più scura, sono anche molto più grasse e nutrienti. Esse così come quelle dello struzzo, che invece è molto magro e digeribile, dal punto di vista degli abbinamenti al vino sono considerate carni rosse. Il coniglio ha una carne meno magra rispetto a quella dei volatili ed ha un contenuto proteico simile a quello della carne bovina. Venendo alla carni rosse, i bovini più giovani sono il vitello, macellato attorno ai tre mesi, e il vitellone (12-18 mesi), hanno carni rosee tenere e ricche in acqua. Il manzo è castrato per favorirne l’ingrasso, più anziano (3-4 anni) e ha carne più grassa e meno tenera rispetto al vitello. Il bovino adulto (oltre i quattro anni) ha carni più scure, meno tenere e costose rispetto a quelle degli animali più giovani. Il maiale allevato per la produzione di carni da tavola è un animale più magro rispetto a quello destinato alla produzione si salumi ed insaccati. La carne di cavallo proviene da equini allevati appositamente per il consumo delle carni, che risultano più tenere e saporite. Le carni equine hanno un gusto particolare, elevato contenuto proteico e soprattutto contengono molto ferro in forma facilmente assimilabile, quindi risultano molto adatte all’impiego dietetico. I tagli degli equini sono simili a quelli dei bovini, ma le loro carni non sono adatte alla preparazione di brodi. Gli ovini hanno carni con caratteristiche simili. Gli ovini da latte vengono macellati 3-4 settimane dopo la nascita, mentre gli agnelli (o agnelloni) propriamente detti vengono macellati ad 8-10 settimane. Gli ovini adulti (pecore e montoni) hanno carni più dure e il loro impiego nella cucina tradizionale italiana è limitato. La selvaggina merita invece un discorso a sé stante. Tutti questi elementi rendono estremamente ampio lo spettro di vini in abbinamento alle carni, dai vini bianchi per le carni bianche, ai vini rossi più strutturati per i piatti più complessi e la selvaggina.

L’abbinamento ai vini delle carni bianche

Pollo e tacchino si abbinano a vini bianchi leggeri o di media struttura o vini rossi leggeri o medi, fruttati e floreali, a seconda del tipo di cottura. Alcuni esempi possono essere uno Chardonnay del Friuli, una Freisa di Chieri, una Bonarda dell’Oltrepò Pavese. Per la faraona penseremo decisamente ad un rosso, fresco e non particolarmente tannico, come un Groppello del Garda o un Tocai rosso dei Colli Berici. Anatra ed oca richiedono maggiore corpo e struttura, tannino ed una certa speziatura, come un Chianti classico riserva o una Barbera d’Alba.

L’abbinamento ai vini delle carni rosse

Gli arrosti, caratterizzati dalla loro succulenza, richiedono un vino in grado di asciugare la bocca, ossia dotato di una discreta tannicità. Si potrà passare da un vino di media struttura e abbastanza giovane nel caso del maiale o vitello, fino a vini maturi, speziati, dai tannini morbidi e di grande struttura per la selvaggina. Gli esempi possono andare da un Cabernet dei Colli Asolani a un Costa d’Amalfi Ravello rosso, fino ad un Barolo o un Brunello di Montalcino e molti altri. I bolliti con minore succulenza e gusto più morbido, sono spesso accompagnati da salse piccanti e contorni di verdure dal finale amaro. Dovremo allora scegliere un vino con caratteristiche intermedie, moderatamente tannico e fruttato, come un Barbera del Monferrato o un Merlot del Friuli, valutando anche vini frizzanti, in funzione della grassezza della carne. Per la carne di maiale, se caratterizzata da decisa grassezza, come nel caso dei  salumi cotti ma soprattutto bolliti come lo zampone o il cotechino, l’opzione migliore è per un rosso frizzante come un Lambrusco o una Bonarda, la cui effervescenza contrasta efficacemente grassezza ed untuosità del piatto. Per gli arrosti e la carne suina al forno in generale, valgono le stesse considerazioni fatte per la carne bovina, regolando la struttura e l’intensità del vino a quella del piatto.

L’abbinamento dei vini con la selvaggina

Un tempo la selvaggina coincideva con la cacciagione, nel senso che gli animali erano in libertà e venivano cacciati per il consumo. Questo accade sempre meno spesso, mentre più frequentemente animali che una volta si trovavano solo come selvatici oggi vengono allevanti per la macellazione. La selvaggina da piuma, come anatra, faraona, beccaccia richiede vini rossi di buona struttura, rotondi e caratterizzati da tannini morbidi e di trama piuttosto fitta. La selvaggina da pelo come il cinghiale, il cervo e il capriolo richiederà vini rossi di grande corpo e lungo affinamento.

Alcuni esempi di abbinamento di vini con piatti di carne

  • Arrosto di maiale con il rosmarino: Romagna DOC Sangiovese riserva, Cannonau di Sardegna DOC rosso
  • Arrosto di manzo alle carote: Colli Berici Cabernet DOC, Falerno del Massico DOC rosso
  • Involtini di pollo alla salvia: Colli Euganei Merlot DOC, Montepulciano d’Abruzzo DOC, Offida Passerina DOCG, Offida Pecorino DOCG
  • Petti di pollo in salsa di mandorle: Colli Piacentini DOC Cabernet sauvignon
  • Piccioni alla griglia: Chianti classico riserva DOCG, Taurasi DOCG, Salaparuta DOC Nero d’Avola riserva
  • Faraona arrosto: Chianti classico DOCG, Sannio DOC Aglianico, Friuli Colli Orientali Pignolo DOC
  • Costolette di camoscio ai funghi: Chianti classico riserva DOCG, Friuli Colli Orientali Pignolo DOC
  • Lepre alla cacciatora: Chianti classico riserva DOCG, Salice Salentino DOC rosso riserva, Salaparuta DOC Nero d’Avola riserva

Abbinare il vino ai primi piatti

I primi piatti rappresentano una particolarità della cucina italiana. Essi vengono serviti dopo l’antipasto e prima delle portate (secondi piatti) e possono essere a base di pasta oppure risotti o zuppe. L’ingrediente principale del sugo per la pasta, del risotto o della zuppa è l’aspetto sul quale bisogna focalizzarsi per individuare il giusto abbinamento con il cibo. Infatti la pasta è un supporto tendenzialmente neutro, con la tendenza dolce dovuta agli amidi compensata dalla bollitura in acqua salata. Ad orientare l’abbinamento con il vino sarà dunque il sugo in accompagnamento. Potremo avere dunque piatti di pasta con sughi a base di carne, di pesce, di formaggi o ricotta, di salumi, di selvaggina, di erbe o verdure e molte altre combinazioni.

Il risotto, invece, spesso mantecato con burro e formaggio, fornisce una base dalla tendenza cremosa e dolce agli ingredienti che lo caratterizzano. Il risultato sarà la combinazione armonica tra questi sapori e quelli in genere più amari ed aromatici degli ingredienti che definiscono il risotto, siano essi prodotti dell’orto o del bosco, pesci o carni.

Zuppe e minestre consentono un ventaglio di ingredienti e di sapori senza quasi limiti, dai dai sapori morbidi e vellutati delle creme, alla succulenza dei brodi, alla varietà cromatica e di sapori dei minestroni.

Come abbinare il vino ai primi piatti

Anche nel caso dei primi piatti valgono le regole generali dell’abbinamento già illustrate. Bisogna inoltre tener presente che il primo piatto costituisce comunque il preludio ad una portata di maggiore importanza e struttura, dal momento che il criterio del crescendo in struttura e sapore vale sia per i piatti che per i vini.

Opteremo come sempre per vini rossi in abbinamento a piatti con sughi o a base di carne e, salvo poche eccezioni, a vini bianchi per piatti con sughi o a base di pesce o verdure. Sceglieremo il vino in base anche alle portate a seguire (se ve ne sono) ed in modo che la sua struttura ed intensità sia minore dei vini che le accompagneranno.

Alcuni esempi di abbinamento al vino di primi piatti

  • Lasagne alla Bolognese: Reggiano DOC Lambrusco, Rosso di Aprilia DOC, Cacc’e Mmitte di Lucera DOC
  • Pappardelle al coniglio: Langhe DOC Nebbiolo
  • Spaghettini alla bottarga: Bolgheri DOC bianco, Vermentino di Sardegna DOC, Vernaccia di Oristano DOC
  • Bavette alle vongole e zucchine: Montecarlo DOC bianco, Ischia DOC bianco, Ortrugo dei Colli Piacentini DOC
  • Risotto con i gamberi: Bolgheri DOC bianco, Erice DOC Catarratto
  • Risotto con salsiccia: Chianti classico DOCG, Cirò DOC rosso, Langhe DOC Freisa
  • Brodo con tagliolini di crêpes: Orvieto DOC, Locorotondo DOC, Maremma Toscana DOC Viognier
  • Crema di finocchi al salmone affumicato: Montecarlo DOC bianco, Castel del Monte DOC Sauvignon, Vernaccia di Oristano DOC

Il vino e gli antipasti

La tradizione italiana degli antipasti

Gli antipasti sono una tradizione tutta italiana, quantomeno italiana è la loro interpretazione, pur esistendo nelle cucine internazionali gli starters o hors-d’oeuvre. Serviti prima delle portate principali, anche gli antipasti devono prevedere i propri giusti vini in abbinamento, rispettando sia le regole generali dell’abbinamento cibo-vino che la sequenza di servizio dei vini, fatta tenendo in considerazione la sequenza di servizio delle pietanze. Gli antipasti possono essere sia freddi che caldi, semplici o costituiti da più preparazioni assortite. In genere sono serviti in piccole quantità, poiché il loro compito è quello di stuzzicare l’appetito in attesa delle portate principali, anche se la moda degli “assaggini” o delle “apericene” a volte porta a creare sequenze più lunghe di piccole portate che vanno a sostituire il menù vero e proprio. I vini in abbinamento variano a seconda delle tipologie di antipasti, a base di carne e a base di pesce, con formaggi, con salumi, con uova, con verdure. Come per le portate principali, anche gli antipasti trovano le loro specificità regionali o locali, come per esempio gli antipasti alla Piemontese, gli antipasti Toscani o quelli Siciliani.

L’abbinamento con i vini

Gli antipasti, preludio alle portate vere e proprie, devono stimolare la curiosità e l’appetito, non saziarlo. Di conseguenza anche i vini non dovranno essere di grandissima struttura ed importanza, essendo un preludio a quelli che andranno poi serviti con le portate. In alcuni casi, in alternativa, si può anche decidere di proseguire la cena continuando con il servizio dei medesimi vini. Al momento del servizio degli antipasti non si è ancora iniziato a cenare. Ragione di più per evitare vini di grande corpo e contenuto alcolico.
Per antipasti a base di pesce, sceglieremo vini bianchi freschi e leggeri, eventualmente anche bollicine, come un metodo classico non eccessivamente strutturato, soprattutto in presenza di salse grasse come la maionese; per antipasti a base di carne, dei vini rossi leggeri o rosati, di spessore rapportato alla struttura delle pietanze, oppure bollicine rosate in presenza di salse a tendenza grassa. Con i salumi, vini rossi leggeri, anche frizzanti, come una bonarda, o un lambrusco. Con i formaggi semplici e giovani, adatti ad essere serviti in antipasto, vini bianchi più morbidi e di media struttura, vini rosati o vini rossi giovani. Con le uova vini bianchi di media struttura, con le verdure vini bianchi giovani con freschezza e sapidità rapportata alla tendenza più o meno dolce di alcune verdure (es. zucchine, tendenza dolce, vini più sapidi; melanzane, tendenza più amara, vini più morbidi, etc).

Esempi di abbinamento di antipasti

  • Antipasto di salumi misti: Freisa d’Asti DOC, Grignolino del Monferrato Casalese DOC, Lison Pramaggiore Malbech DOC, Marsala DOC oro superiore
  • Assiette di formaggi misti: Garda DOC Classico Groppello
  • Bocconcini di gamberetti: Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC, Vermentino di Sardegna DOC, Colli Asolani Prosecco DOCG
  • Canapè di prosciutto: Val d’Arbia DOC bianco, Alcamo DOC bianco
  • Crostini con funghi in guazzetto: Chianti Colli Aretini DOCG, Copertino DOC rosato
  • Crostoni al taleggio: Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC, Alezio rosato DOC
  • Involtini di bresaola alla ricotta: Colli Martani DOC Grechetto, Falerno del Massico DOC bianco
  • Torta di cipolle all’antica: Rosso Piceno DOC, Terre di Cosenza DOC Donnici rosso

Il vino e il cibo

Quali i migliori  vini per le diverse portate

Abbiamo visto che il criterio di abbinamento per contrapposizione si applica a tutti i piatti, eccezion fatta per i dessert dolci, per i quali opteremo decisamente per vini dolci. Vediamo gli altri casi in dettaglio.

  • Pietanze morbide o dalla tendenza dolce (esempio legumi o carboidrati: la tendenza dolce non va confusa con la dolcezza!) richiederanno un vino bianco leggero e fresco (tendenza acidula);
  • Piatti caratterizzati da succulenza, come le carni rosse alla griglia o al forno richiederanno vini di buona tannicità e discreta struttura;
  • Piatti speziati, piccanti o aromatici a base sia di carne che di pesce e preparazioni condite o elaborate si accompagneranno ad un vino rosso o bianco morbido e strutturato; formaggi molto aromatici o piccanti come gli erborinati richiederanno la morbidezza e dolcezza di un vino bianco passito;
  • Grassezza e untuosità tipiche dei formaggi freschi o di media stagionatura ma anche di salumi e insaccati si combinano bene con un vino rosso leggero, fresco e di media tannicità (anche frizzante);
  • La sapidità dei formaggi di lunga stagionatura richiederà vini rossi molto morbidi e di lungo affinamento;
  • Piatti con tendenza amara e molto saporiti, intensi e strutturati, come brasati, piatti a base di selvaggina sia da pelo che da piuma, richiederanno un vino rosso di grande struttura, tannicità e lungo affinamento;

Abbinamenti difficili

La tendenza acidula di alcuni cibi o di alcune salse e condimenti si sposa con la morbidezza del vino, il cui colore e struttura dipenderà dal tipo di portata, ma  alcuni piatti anche abbastanza comuni risultano di difficile abbinamento, che in casi estremi può risultare anche impossibile. Di seguito alcuni esempi commentati:

  • La frutta fresca in generale e gli agrumi in particolare: Il contenuto in acido malico della frutta fresca e in acido citrico degli agrumi rende impossibile e oltretutto poco sensato il suo accompagnamento al vino;
  • L’amarezza di alcune verdure come il radicchio o i carciofi richiederebbe vini di morbidezza e struttura tali da sovrastare quella della verdura; vero è che in molti casi l’amarezza è attenuata dalle salse e dai condimenti e che le verdure spesso non sono la pietanza principale ma il contorno, quindi il ventaglio di possibilità si allarga; per la succulenza degli asparagi vale un discorso analogo: di per sè stessi sarebbero sovrastati da qualunque vino, ma conditi con abbondante olio di oliva, accompagnati da uova, avvolti con pancetta o prosciutto (untuosità, grassezza) possono richiedere la freschezza di un vino bianco di maggior o minore struttura a seconda del piatto;
  • Il pomodoro è tendenzialmente acido, in insalata non è abbinabile al vino. Diverso è il discorso della pizza, la cui (sovente) complessità richiede invece valutazioni caso per caso. In uno dei più semplici, la margherita, l’acidità del pomodoro viene compensata dalla tendenza dolce del pane e dalla grassezza della mozzarella, per cui si può pensare ad un vino bianco morbido ma non molto strutturato;
  • Il cioccolato, nei dolci di discreta morbidezza ed equilibrio (brownies, Sacher) buò abbinarsi ad un passito rosso di grande struttura, mentre il cioccolato fondente o il cacao non si abbina ad alcun vino (si possono considerare alcuni distillati);
  • Il gelato, per una questione di temperatura, tende a svolgere una funzione anestetica nei confronti delle papille gustative, sovrastando o creando contrasto non piacevole con qualunque tipo di bevanda, salvo forse uno spumante dolce servito a temperatura non molto fredda, ma un abbinamento di questo genere non ha probabilmente alcun senso.

Teniamo anche presente che in molti casi il miglior abbinamento per alcuni cibi non deve essere necessariamente essere un vino, ma potrebbe essere una birra, un sidro, un distillato ed in taluni casi anche una soft-drink.

Abbinamenti regionali

Inoltre è spesso opportuno valutare l’origine gerografica di un cibo ed abbinarlo possibilmente con un vino della stessa provenienza, come spesso vuole la tradizione, evitando però le forzature, in quanto le regole già viste devono comunque venir rispettate. Alcuni esempi possono essere:

  • Friuli: Picolit e Gubana
  • Veneto: Valpolicella e Pastissada de Caval
  • Alto Adige: Lagrein e Spezzatino di Capriolo
  • Lombardia: Valtellina superiore e Pizzoccheri della Valtellina
  • Piemonte: Barbaresco e Tajerin al tartufo
  • Emilia: Lambrusco e Gnocco fritto
  • Marche: Verdicchio e Coniglio in potacchio
  • Abruzzo: Montepulciano e Arrosticini
  • Sicilia: Grillo e Pasta con le sarde
  • Sardegna: Cannonau e Porceddu